Come far valere nel diritto italiano l’obbligo per le aziende previsto dall’Unione Europea in tema di misurazione dell’orario di lavoro a favore dei lavoratori?
Il lavoratore per provare che ha svolto durante la settimana lavorativa delle ore in più rispetto al normale orario di lavoro può chiedere il risarcimento del danno nei confronti dello Stato Italiano per la mancata attuazione della Direttiva europea 2003/88 volta a disciplinare gli aspetti dell’orario di lavoro.
E’ nota la difficoltà del lavoratore, parte debole nel rapporto di lavoro, di dimostrare – anche con tutti i mezzi che il diritto gli consente nelle cause davanti al giudice del lavoro- la durata della propria giornata lavorativa, perché le aziende sono prive di un mezzo utile per la misurazione del tempo di lavoro.
Per tali ragioni la Corte di giustizia Europea ha stabilito che l’assenza di un meccanismo di rilevazione dell’orario di lavoro presso il datore di lavoro impedisce al lavoratore l’effettiva tutela dei suoi diritti.
Infatti, la normativa italiana con il Decreto legislativo 66 del 2003(art. 5) è insufficiente perché stabilisce il limiti giornalieri e settimanali dell’orario di lavoro senza prevedere l’obbligo della misurazione dei tempi di lavoro.
La mancata e inadeguata attuazione comporta la responsabilità dello Stato in relazione al mancato rispetto degli obblighi comunitari.
La conseguenza della mancata ed espressa previsione di uno strumento di controllo idoneo dell’effettivo orario di lavoro nel termine stabilito (2 agosto 2004, art. 28 Dir.88/2003)dalla direttiva costituisce una violazione grave e manifesta del diritto comunitario e comporta il diritto al risarcimento dello Stato a favore del lavoratore.
Pertanto ogni lavoratore, impossibilitato a provare specificamente le ore di lavoro prestate in più presso la propria azienda, priva di un sistema efficace di rilevazione del tempo di lavoro, può agire per il risarcimento del danno nei confronti dello Stato Italiano nel termine di dieci anni dal momento in cui i fatti si sono verificati.
Il risarcimento del danno poi è la conseguenza della violazione di un dovere previsto dalla legge (art.1173 codice civile.), a cui lo Stato è tenuto assicurando al danneggiato un’equa compensazione della perdita subita.
Infine ogni lavoratore può proporre un’azione ordinaria individuale o collettiva per tutelare i propri diritti davanti al tribunale ordinario.